

Approfondimenti

EMDR
Desensibilizzazione attraverso i movimenti oculari

ASSESSMENT
Comprendere il funzionamento globale della persona

SALUTE MENTALE
Non c'è salute senza salute mentale


EMDR
Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari
L’EMDR nasce nel 1987 grazie alla psicoterapeuta americana F. Shapiro, e rivoluziona il trattamento dei disturbi causati da eventi traumatici. Ad oggi, sono sempre di più gli psicoterapeuti che abbracciano questo approccio.
Ma come funziona e cos’è?
EMDR: che cos’è?
L’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari) è un approccio psicoterapeutico che tratta patologie e disturbi conseguenti ad un evento traumatico o emotivamente stressante utilizzando forme di stimolazione alternata destra/sinistra. Attraverso l’EMDR i ricordi disturbanti legati all’evento traumatico subiscono una desensibilizzazione, ossia perdono la loro carica emotiva negativa.
Funzionamento e risultati
In seguito al trattamento con EMDR il cambiamento è molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono trascorsi dal momento in cui si è verificato l’evento traumatico: il paziente non presenta più pensieri e ricordi intrusivi, comportamenti di evitamento o iperattivazione neurovegetativa in risposta a stimoli legati all’evento e percepisce l’esperienza traumatica come un “ricordo lontano” non più emotivamente disturbante.
Questo approccio si basa sul Modello di Elaborazione Adattiva dell’Informazione (AIP) secondo cui l’evento traumatico, insieme alle emozioni, percezioni, cognizioni e sensazioni fisiche disturbanti che lo hanno caratterizzato, verrebbe memorizzato in modo disfunzionale rimanendo inscritto per molti anni nelle reti neurali del cervello del paziente e continuando così a provocare disagio. L’obiettivo dell’EMDR è quello di ripristinare il naturale processo di elaborazione delle informazioni presenti in memoria attraverso la creazione di nuove connessioni più funzionali in modo da consentire al paziente di guardare all’evento disturbante e a sé stesso da una nuova prospettiva.
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Ma funziona davvero?
L’approccio terapeutico EMDR, riconosciuto come trattamento basato sull’evidenza clinica, è stato approvato da American Psychological Association, American Psychiatric Association, International Society for Traumatic Stress Studies, Ministero della Salute italiano. Anche l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), riconosce l’importanza dell’EMDR come cura del trauma e dei disturbi ad esso associati. Studi e ricerche internazionali la confermano come approccio terapeutico privilegiato per il trauma: i tempi di guarigione si accorciano radicalmente rispetto ad altri approcci psicoterapeutici (dopo 3 incontri quasi il 90% delle persone non presenta più sintomi). Data l’importanza che gli eventi traumatici (siano essi traumi singoli che cumulativi e relazionali) rivestono nello sviluppo di differenti patologie, diviene importante affrontarle attraverso un approccio che tenga in considerazione e riesca ad intervenire sull’origine traumatica di tali disturbi.

ASSESSMENT
Comprendere il funzionamento globale della persona
L’ assessment o valutazione psicodiagnostica rappresenta un iter propedeutico all’intervento terapeutico: la raccolta di informazioni e dati orienta il terapeuta, dà origine ad una storia, e crea le condizioni per costruire con il paziente una relazione, un’ alleanza.
Perché l’ Assessment in psicoterapia?
La funzione principale del processo di assessment è rappresentata dal tentativo di comprendere il paziente e il suo mondo di significati e di spiegarsi in che cosa consiste, come può essere nato e come si mantiene il disagio che ci viene presentato.
Si tratta in altre parole di:
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Comprendere la difficoltà del paziente: la valenza e i significati che essa assume ai suoi occhi nella vita quotidiana e rispetto all’immagine che egli ha di se stesso, delle relazioni con gli altri, del proprio futuro;
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Costruire un modello delle modalità di funzionamento della persona;
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Ricostruire i processi, le tappe e i momenti critici dello sviluppo che hanno condotto all’attuale struttura individuale;
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Comprendere e spiegare la funzione che la sintomatologia svolge, al fine di organizzare un progetto di intervento clinico, laddove se ne verificassero le condizioni.
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Obiettivi, procedure e strumenti
Il terapeuta per portare a termine l’ assessment può avvalersi di una serie di strumenti: il colloquio clinico, l’intervista e test self-report. In aggiunta, possono essere utilizzati numerosi altri strumenti standardizzati come inventari, checklist, schede di osservazione e diari. La valutazione psicodiagnotica non ha l’intento di porre una diagnosi, piuttosto si propone di comprendere il funzionamento globale della persona per poterne migliorare la qualità di vita e scegliere le strategie psicoterapeutiche di intervento più efficaci. E’ infatti fondamentale effettuare un accertamento anche per i pazienti che già conoscono la propria diagnosi: le diagnosi sono spesso delle etichette che descrivono, ma non sempre spiegano. È importante valutare in un’ottica funzionale – ovvero identificando i rapporti causali tra pensieri, emozioni e comportamenti – i fattori specifici che sono alla radice del problema. Due pazienti con la stessa diagnosi possono avere comunque due problemi molto diversi tra loro e aver bisogno di trattamenti differenti.
Quale durata prevede l'Assessment?
Solitamente i primi colloqui di assessment (3-5 sedute) hanno lo scopo di approfondire la conoscenza della persona che si rivolge al professionista. Vengono dunque raccolte, in primo luogo, le informazioni biografico-anamnestiche, l’anamnesi del problema riportato, eventuali altre situazioni chiave collegate ad esso. Il lavoro si conclude con la restituzione al paziente di quanto emerso e la condivisione di un eventuale progetto terapeutico, dopo un’attenta concettualizzazione del caso e la formulazione di un piano terapeutico.

SALUTE MENTALE
Non c'è salute senza salute mentale
La salute mentale è alla base della capacità umana di pensare, provare sensazioni, imparare, lavorare, instaurare relazioni profonde.
La prevenzione, promozione e cura della salute mentale dovrebbe essere una delle principali priorità in tutto il mondo.
Ancora stigma e pregiudizio
Il termine “stigma” indica che, nello specifico, la diagnosi di malattia mentale e i comportamenti che la accompagnano, risvegliano nelle persone atteggiamenti negativi e di rifiuto senza che ci sia una conoscenza del problema.
Lo stigma che accompagna la malattia mentale crea un circolo vizioso di alienazione e discriminazione, intesa come privazione di diritti e benefici, per la persona malata, la sua famiglia e tutto l’ambiente ad essi circostante, diventando spesso la fonte principale di un grave isolamento sociale, di fenomeni di emarginazione e di una protratta marginalizzazione.
Quindi la persona che soffre di un disturbo mentale si trova a dover combattere su due fronti: da un lato l’esperienza di malattia, con tutto ciò che questo comporta in termini di sofferenza e disabilità e, dall’altro, con le reazioni dell’ambiente sociale e lo stigma che circonda il disturbo mentale e che, in molti casi, rappresenta una vera e propria “seconda malattia”.
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Interventi tardivi
In nessun’altra patologia è “normale” arrivare a farsi curare a 5 anni dai primi sintomi. Non di rado la diagnosi giunge dopo 8-10 anni. Sono anni in cui la malattia peggiora, soprattutto sono anni di sofferenza che potrebbe essere evitata o attenuata dalla cura . La terapia precoce è più efficace. Molti disturbi psichiatrici come disturbo bipolare, disturbi psicotici, disturbi affettivi ricorrenti, disturbi da uso di sostanze hanno un esordio nella fascia 14-24 anni, ma i pazienti arrivano allo psichiatra e allo psicoterapeuta ben più tardi.
Timore dello psichiatra
La figura dello psichiatra fa ancora paura a molti, con la psichiatria non si vorrebbe avere a che fare anche quando si soffre di sintomi palesemente riguardanti la sfera psichica. C’è anche il pregiudizio che questo specialista distribuisca solo farmaci senza davvero prendere in carico la sofferenza del paziente. Lo psichiatra lavora in tandem con altri professionisti della salute mentale e con loro si occupa di accompagnare i propri pazienti a riacquisire l'equilibrio.
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Ci riguarda tutti
La salute mentale riguarda tutti, sia perché il disturbo non curato di uno ha ripercussioni sociali su altri, sia perché le statistiche non possono far sentire sicuri che noi, «ah, io no», prima o poi nella vita non ne saremo colpiti. Non ci si può chiamare fuori quando la depressione rappresenta il 4,3 per cento del carico globale di malattia e in Italia il 5,6 per cento della popolazione sopra i 15 anni presenta sintomi depressivi, di cui 1,3 milioni con sintomi di depressione maggiore. Sono i problemi psichiatrici la maggiore causa di disabilità nel mondo. E questa campana può suonare anche per noi prima o poi nel corso dell’esistenza. La salute mentale e la sua cura non è solo per gli “altri”, per i diversi. Questo vuole ricordare la Giornata mondiale: spingere a fermarsi e a riflettere su di sé.
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